La capanna dello zio Tom, Harriet Beecher Stowe

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view post Posted on 13/3/2018, 13:14
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‘Dopo la mezzanotte Tom si destò con un sussulto improvviso. Vide qualcosa di nero passargli rapidamente dinanzi, correndo verso il fianco del piroscafo; poi udì un tonfo nell’acqua. Nessun altro aveva udito né visto nulla. Sollevò il capo: il posto della donna era vuoto! Si alzò e guardò intorno. Invano: il povero cuore sanguinante era finalmente in pace e il fiume scorreva increspato e gorgogliante.’





Metà del 1800: nel Kentucky, lo schiavo Tom viene venduto dal proprio padrone, pur con molto dolore da parte di quest’ultimo, per saldare alcuni debiti. Insieme a Tom, Mister Shelby vende anche il figlio prepubere della cameriera personale della moglie. Madre e figlioletto si danno alla fuga con la speranza di potersi ricongiungere al marito e padre in Canada, dove non sarebbero più stati soggetti alla deportazione per schiavitù. Tom, invece, per fedeltà verso il suo padrone e per granitica fede nella religione, rimane ed affronta il proprio fato, fato che lo porta prima al servizio di un brav’uomo e poi nelle grinfie letali di un violento ed ubriacone possidente di piantagione del Mezzogiorno. Nel finale, Eliza e famiglia riescono a rifugiarsi in Canada e da lì compiere il salto prima verso la Francia e poi verso la Liberia; Tom muore per essere stato pestato selvaggiamente nonostante il tentativo di Shelby Jr. di riportarselo a casa.
Questa, a grandi, grandissime linee, la trama de La capanna dello zio Tom, di Harriet Beecher Stowe.
Ad un lettore dell’epoca, al quale l’autrice fa costantemente appello, ad un certo punto in maniera pure molesta, gli eventi narrati saranno sicuramente apparsi infinitamente più vibranti e sentiti di quanto possano esser percepiti da un lettore che li apprende all’incirca centosettant’anni dopo. Lo strazio di Tom è palpabile, così come la sua fede, ingenua e totale da essere assimilata a quella d’un bambino. In un certo senso, Tom è un bambino, il bambino che nasce dalla schiavitù ed inizia a lallare nel momento in cui ci si rende conto che l’emancipazione è alle soglie della storia.
Ammetto d’aver trovati fastidiosi tutti i commenti religioso-moralisticheggianti partoriti dall’autrice, la quale – è evidente – desidera evangelizzare il proprio lettore, qualora questi non sia già abbastanza religioso. Capisco che all’epoca sia lo stile narrativo letterario sia la diffusione della religione avessero certe caratteristiche, ma un lettore ateo (cioè moi) del 2018 può non ritrovarsi appieno nelle lezioncine catechizzanti di Ms. Beecher Stowe.

Edited by aleperri - 3/4/2019, 12:21
 
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