| Questo libro mi è piaciuto tantissimo, a dispetto di quanto pensassi. Non avevo dei veri e propri pregiudizi, ma capirete bene che, essendo un classico, spesso si tende un po' a non sbilanciarsi più di tanto. Infatti, non credevo che mi potesse colpire così profondamente ed innescare in me delle riflessioni tutt'altro che "classiche" e da relegare nell'epoca del passato che gli corrisponde. Si è infatti ripetuto fino alla nausea, nelle bei commenti precedenti, che è un'opera sempre attuale e con ordine vorrei esporre il mio punto di vista anche a questo riguardo.
La storia principale si concentra sull'anima del bellissimo protagonista, Dorian, che insieme ai suoi inseparabili amici, ascende pian piano alla conquista sociale, usando tutto il suo fascino; grazie al suo amico e grande artista Basil Hallward, in qualche modo misterioso, l'anima del protagonista viene legata a un ritratto, il quale risentirà a tutti gli effetti, di tutti quegli sconvolgimenti fisici propri dell'invecchiamento e della vita quotidiana, al posto del suo corpo fisico. E grazie all'altro suo grande amico, Lord Henry, Dorian si libererà gradualmente di tutte quelle inibizioni che lo rendevano più umano; da qui le prime e più profonde riflessioni.
Questa triade che struttura il romanzo mi ha molto rievocato quella freudiana: Dorian mi ricorda l'io cosciente, che ha tutte le possibilità che la vita gli offre; Basil, invece, il super-io, un po' come la voce della coscienza, che sta sempre lì a tentare di arginare gli eccessi delle sensualità, e favorire le buone azioni; Henry, invece, l'ho molto sentito come il simbolo del potentissimo inconscio, con la sua sprezzante ironia scevra da ogni scrupolo, è sempre lì, a tentare l'io e cercando di liberarlo da tutte le sue inibizioni.
E la storia, a pensarci bene, è un continuo oscillare tra queste due parti, il "bene" e il "male". Questo la rende strettamente connessa all'etica, di cui si è ampiamente dibattuto. Ma perché Wilde ci parla di estetica, intrecciandola così tanto alla componente etica? Cioè quand'è che il culto del bello, va oltre i limiti di una linea di comportamento ritenuto "accettabile"? L'uomo di successo, usa la bellezza per ottenere tutto con pochi sforzi, e ciò lo rende superficiale... E alla fine, dare troppa importanza agli eccessi, senza porsi mai dei limiti, porta alla degenerazione totale, di qui la tragedia.... Questa sorta di ragionamento, secondo me, rende sempre attuale quest'opera... In ogni epoca la bellezza e l'esaltazione del corpo e della sensualità comportano delle degenerazioni, e una superficialità che vanno a discapito di altri valori.
Secondo me non esiste tuttavia un vero insegnamento morale universale in quest'opera. Io ho avuto la percezione, leggendo fino alla fine, che qui Wilde non intendesse arrivare proprio a nessuna morale, a nessun insegnamento. E credo lo abbia fatto intenzionalmente. Dal tono della sua scrittura, ciò che emerge, è che ognuno ci vede quello che vuole. Come se fosse uno specchio. E infatti, leggendo varie recensioni, anche in altri contesti, ho notato che emergono le idee più disparate: c'è chi ci vede un grande romanzo filosofico, chi esalta Henry, chi disprezza o elogia Dorian, chi ci legge un insegnamento, chi un altro.
Sta di fatto che leggendo quest'opera ho sentito l'esigenza di approfondire Wilde, attraverso altri testi. Secondo me è molto sottovalutato...
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