Uno, nessuno e centomila, Luigi Pirandello

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kekkepunx
view post Posted on 5/2/2009, 15:09




Uno, nessuno e centomila è una delle opere più famose di Luigi Pirandello. Iniziata già nel 1909, esce solo nel 1926, prima sotto forma di rivista e poi di volume. Quest'opera, l'ultima di Pirandello, riesce a sintetizzare il pensiero dell'autore nel modo più completo. L'autore stesso, in una lettera autobiografica, definisce quest'opera come il romanzo "più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita". Il protagonista, infatti, può essere considerato come uno dei personaggi più complessi del mondo pirandelliano, e sicuramente il più pieno di autoconsapevolezza di questo mondo. Dal punto di vista formale, stilistico, si può vedere la forte inclinazione al monologo del protagonista, che molto spesso si rivolge al lettore, ponendogli interrogativi e problemi in modo da coinvolgerlo direttamente nella vicenda, che è senza dubbio di portata universale. La lunga gestazione dell'opera potrebbe far pensare che essa sia frammentaria e disorganizzata. Al contrario, essa può essere considerata come l'apice della carriera dell'autore e della sua tensione narrativa.



Ho finito da poco di leggerlo: c'è una logica molto interessante anche se in alcuni punti è un pò troppo ripetitivo.
 
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skajd
view post Posted on 5/2/2009, 16:08




Pirandello è uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi...ed è uno dei miei preferiti! ^_^

Uno, nessuno e centomila è un grande capolavoro...molto bello...
Un romanzo davvero con significati importanti...con il protagonista si fa una specie di "viaggio" alla scoperta di se stesso...
Un romanzo che fa sprigionare un sacco di riflessioni in noi!
Assolutamente da leggere! :giallino041xe5.gif:
 
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lorelei57
view post Posted on 5/2/2009, 16:45




Io vidi anche l'interpretazione teatrale! Anch'io lo consiglio!
 
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masetto
view post Posted on 13/3/2009, 14:51




E' il romanzo più "filosofico" di Pirandello. Qui il complesso discorso sulle molteplici identità che costituiscono la persona, cardine della poetica e della visione del mondo dell'autore, ha nettamente la preponderanza sulla trama.
E ne vengono fuori i limiti. In un Universo senza più Dio, dove molti altri hanno sentito l'angoscia per l'impenetrabile mistero che circonda il senso della nostra esistenza, a Pirandello il male supremo sembra non essere altro che la frammentazione dell'identità, il fatto che ciascuno di noi è per ognuno degli altri una persona diversa. Certo le cose stanno come dice lui, ma sinceramente non mi pare che questo sia un male così terribile, vedo che la gente vive anche se è così e credo che a rendere tragica la condizione umana sia ben altro.
Inoltre il finale è proprio fuori dal mondo: che cosa vuole insegnarci Pirandello facendo approdare Moscarda ad una sorta di eremo, alla solitudine più assoluta? Dobbiamo rinunciare alla società perchè ad X appariamo in un modo, ad Y in un altro e a Z in un altro ancora? Dobbiamo tornare a vivere nelle caverne per questo?
Oppure è un finale solo simbolico? E se è così, di che cosa? Sempre e solo della nostra impossibilità di conoscerci veramente l'un l'altro forse? Se è così, non aggiunge nulla a quanto il libro ha detto fin là... <_<
 
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Aurian Dragon
view post Posted on 1/4/2010, 15:14




Bhe di per sè la cosa non è tragica, vero anche che il finale è esagerato, ma il ragionamento a me non è mai parso così terribile.
Per qualcuno che ritiene se stesso un costrutto fatto di ciò in cui crediamo e ciò per cui viviamo essere visto diversamente può essere una condizione forte.
Senza contare il fatto che, banalmente, a nessuno fa piacere sapere di non essere visto come la persone che ci si aspetta di essere.
 
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4 replies since 5/2/2009, 15:09   132 views
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