Uno, nessuno e centomila, Luigi Pirandello

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masetto
view post Posted on 13/3/2009, 14:51 by: masetto




E' il romanzo più "filosofico" di Pirandello. Qui il complesso discorso sulle molteplici identità che costituiscono la persona, cardine della poetica e della visione del mondo dell'autore, ha nettamente la preponderanza sulla trama.
E ne vengono fuori i limiti. In un Universo senza più Dio, dove molti altri hanno sentito l'angoscia per l'impenetrabile mistero che circonda il senso della nostra esistenza, a Pirandello il male supremo sembra non essere altro che la frammentazione dell'identità, il fatto che ciascuno di noi è per ognuno degli altri una persona diversa. Certo le cose stanno come dice lui, ma sinceramente non mi pare che questo sia un male così terribile, vedo che la gente vive anche se è così e credo che a rendere tragica la condizione umana sia ben altro.
Inoltre il finale è proprio fuori dal mondo: che cosa vuole insegnarci Pirandello facendo approdare Moscarda ad una sorta di eremo, alla solitudine più assoluta? Dobbiamo rinunciare alla società perchè ad X appariamo in un modo, ad Y in un altro e a Z in un altro ancora? Dobbiamo tornare a vivere nelle caverne per questo?
Oppure è un finale solo simbolico? E se è così, di che cosa? Sempre e solo della nostra impossibilità di conoscerci veramente l'un l'altro forse? Se è così, non aggiunge nulla a quanto il libro ha detto fin là... <_<
 
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4 replies since 5/2/2009, 15:09   132 views
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